2016-03-06

A Firenze presentazione del documentario "Endless Corridor-Corridoio senza fine"

 

Il 4 marzo a Firenze, nella storica sede di Palazzo Borghese, l'Ambasciata della Repubblica dell'Azerbaigian, in collaborazione con The European Azerbaijan Society, Justice for Khojaly e Associazione Eurasia, ha organizzato la trasmissione del documentario "Endless Corridor", di Aleksandras Brokas. 

Realizzato dall'Unione dei Cinematografi Europei nell'ambito del progetto "Caucaso in pace", il documentario è basato sui diari del giornalista di guerra lituano Ričardas Lapaitis, che era in Azerbaigian alla fine del febbraio 1992 ed è stato testimone del genocidio di Khojaly durante il conflitto del Nagorno-Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian. 

 

Ad introdurre la serata il Dott. Edoardo Panichi, Presidente Eurasia, che ha dato la parola all'Ambasciatore designato della Repubblica dell'Azerbaigian in Italia Mammad Ahmadzada, che ha ricordato come Khojaly rappresenti l'essenza stessa dell'aggressione dell'Armenia contro l'Azerbaigian.

 

A prendere poi la parola Jack Pegoraro, direttore TEAS a Londra, che ha sottolineato come la serata di Firenze si inserisse in un calendario di eventi che in tutto il mondo la Campagna Justice for Khojaly organizza per commemorare le vittime. 

 

Importante ricordare che si parla di di 613 persone, tra cui 106 donne, 83 bambini e 70 anziani; 56 persone vennero uccise con particolare crudeltà. Otto famiglie totalmente sterminate. 25 bambini persero entrambi i genitori e 130 bambini un genitore. Come conseguenza di questa tragedia, 487 persone furono rese invalide. 1.275 civili, incluse donne e bambini, vennero catturati e subirono violenze, umiliazioni, gravi ferite fisiche, durante la loro prigionia. Tra questi, 150 prigionieri sparirono senza lasciare traccia.

 

Numeroso il pubblico presente in sala, visibilmente toccato dalle dure immagini del documentario, che ha il grande pregio di restituire dignità alle vittime ed identificare i colpevoli di quello che Human Rights Watch ha descritto come "il più grande e orribile massacro del conflitto” del Nagorno-Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian.


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